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Essere medici come San Giuseppe Moscati

Redazione (Domenica, 14-04-2019, Gaudium Press) Quando si conosce un medico bravo, al servizio dei pazienti, solidale con le sofferenze e in grado di consolare chi soffre, con pazienza e carità d’animo … è spontaneo accostare la figura di quel medico a quella del grande San Giuseppe Moscati.

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Giuseppe Moscati figlio di un magistrato, nacque a Benevento il 25 luglio 1880. Giuseppe con la famiglia ha vissuto a Napoli, proprio perché il padre venne chiamato a svolgere servizio presso la Corte d’Appello della città campana. Sin da piccolo, Giuseppe, nutriva una particolare attenzione per i sofferenti ed in tutto questo coltivava una grande fede.

Così Moscati, decise di diventare medico, studiò con impegno tanto da riuscirsi a laureare a soli ventidue anni con il massimo dei voti. Vinse molti concorsi e riuscì ad entrare come insegnate presso la prestigiosa Accademia partenopea di Medicina e Chirurgia.

Successivamente decise di impegnare le sue doti mediche scegliendo un posto di «medico ordinario» presso l’Ospedale degli Incurabili (il più antico della città) in quel modo aveva l’occasione di prestare il suo servizio per gli ammalati e i poveri, confortandoli anche in nome della fede.

In uno dei suoi scritti, Giuseppe Moscati riporta: «Negli ospedali la missione dei medici è di collaborare all’infinita misericordia di Dio, aiutando, perdonando, sacrificandosi».

Da come emerge da questa frase, possiamo ben capire che per Giuseppe Moscati essere medico non era una professione ma una vera e propria missione al servizio degli ultimi e dei più bisognosi.

Passò la vita a frequentare corsi di aggiornamento, per arricchire sempre più le sue conoscenze mediche e metterle al servizio dei sofferenti, visitava gli ammalati anche nei più sperduti tuguri della città e come diagnostico era eccellente, considerando che all’epoca non esistevano molti strumenti ed esami come oggi.

Una volta era riuscito a diagnosticare l’esatta malattia di un operaio che i suoi colleghi avevano inesorabilmente dichiarato tisico: si trattava invece di un ascesso polmonare che con una cura apposita si risolse. L’operaio, felice per la salute ritrovata, voleva a tutti i costi pagarlo. E Moscati: «Se proprio mi vuoi pagare, vatti a confessare perché è Dio che ti ha salvato».

Quest’episodio ci fa capire l’umiltà che caratterizzava questo Santo medico, che anziché prendere meriti per se stesso, rendeva lode a Dio per le sue doti straordinarie.

Un episodio ci fa capire la grande carità di questo santo, avvenne proprio nel 1906 quando ci fu un’eruzione violenta del Vesuvio, a causa di questo fatto vi furono molti danni e vittime.

In modo particolare venne colpita Torre del Greco e l’ospedale del paese minacciava di cadere, vi erano ricoverati molti anziani. Moscati si unì ai soccorritori per trasferire gli ammalati altrove e farli stare al sicuro. Furono 20 ore d’intenso lavoro ma alla fine, quando l’ospedale cominciò a cedere rovinosamente, i letti erano vuoti.

Si potrebbero raccontare tantissimi altri episodi di questo genere ma questo basta per farci capire con che spirito tutti i medici dovrebbero abbracciare e accogliere questa loro professione che prima di essere considerata un lavoro è veramente una vera missione di carità e di servizio verso tutti i sofferenti nel corpo e nell’anima. (Rita Sberna)

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