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Santa Rita e il giglio che le portava l’angelo

Redazione (Samedì, 14-09-2019, Gaudium Press)

Biografia della Santa delle cause impossibili

Rita Lotti nasce nel 1381 a Roccaporena vicino Perugia (Umbria). Una donna docile che fu data in sposa a Ferdinando Mancini, un uomo brutale conosciuto in tutta la regione.

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Rita subisce molte violenze dal marito, da questo matrimonio nascono due figli e solo dopo diciotto anni riesce a far diventare mansueto, il marito. Per tutta la vita, Rita prega e offre in silenzio la sua sofferenza al Signore. Una sera, il marito viene ucciso e il suo corpo fu lasciato sui margini di una strada.

I figli, giurano di vendicare il padre ma Santa Rita da subito cercò di dissuaderli ma non riuscendoci, chiede al Signore di chiamarli a sé, pur di non farli macchiare di omicidio.

Infatti la preghiera di Santa Rita viene ascoltata ed esaudita. Rimasta sola senza marito e figli, Rita bussa alla porta del convento delle suore agostiniane di Cascia ma la richiesta di entrare a farne parte non viene accettata.

Così la Santa, si rivolge ai suoi tre santi protettori: san Giovanni Battista, sant’Agostino e san Nicola da Tolentino, e una notte avviene il prodigio. I tre santi le appaiono e, spalancata la porta del convento, ben munito di catenacci, la conducono nel bel mezzo del coro, dove le claustrali stavano recitando le preghiere del mattutino. Rita può così indossare il saio delle agostiniane, votandosi alla penitenza, alla preghiera e all’amore di Cristo crocifisso, che le segna il volto fino alla morte conficcandole una spina nella fronte.

Muore il 22 maggio del 1447, il suo corpo, custodito nel santuario di Cascia, per un miracolo rimane incorrotto.

Il rapporto con gli angeli

Si racconta che Rita ebbe un rapporto molto ravvicinato con gli angeli di Dio. Quando ci fu il processo di beatificazione di Santa Rita, alcuni testimoni raccontarono che l’angelo del Signore veniva spesso a visitare Rita, quando si trovava immersa nella preghiera. Si narra che l’angelo entrasse da una piccola finestrella per poi trascorrere molte ore in compagnia della donna, confrontandola e sostenendola».

«Nei documenti del processo è indicato che, dopo la morte della santa, in molte occasioni si cercò di chiudere quella finestrella senza però riuscirci. Infatti ogni mattino veniva ritrovata aperta e così lasciata da un Angelo che durante la notte entrava nella cella di Rita e depositava un giglio sul suo inginocchiatoio«. (Rita Sberna)

 

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