viernes, 19 de abril de 2024
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Fra Daniele Natale è stato in purgatorio durante le sue ore di morte apparente

Redazione (Domenica, 23-02-2020, Gaudium Press) Nel 1952, Fra Daniele Natale si trovava ricoverato presso la clinica Regina Elena di Roma. Aveva 33 anni, era un religioso cappuccino e si trovava in ospedale per rimuovere un cancro alla milza. La malattia era molto avanzata ed è per questo che il Dott. Riccardo Moretti all’inizio si era rifiutato di eseguire l’operazione ma l’insistenza di Fra Daniele lo convinse e procedette ad operarlo.

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Purtroppo però, Fra Daniele entrò in coma e dopo tre giorni morì.

Tutti i parenti e i conoscenti accorsero al suo capezzale per piangerlo e pregare per la sua anima ma fin qui, nulla di strano!
Il tutto successe tre ore dopo che venne dichiarato morto con tanto di certificato di morte.

Improvvisamente Fra Daniele sembrava «Risuscitato» perché il suo corpo che ormai era dichiarato un cadavere, si tirò giù il lenzuolo e cominciò a parlare ai presenti.

Ovviamente tutti morirono dalla paura al punto da mettersi ad urlare, uscire fuori dalla stanza e gridare in corridoio. Quel giorno in ospedale ci fu un grosso tumulto!

Questo è ciò che Fra Daniele narra nelle sue 3 ore di morte apparente: «Mi presentai dinanzi al trono di Dio. Vedendo Dio, ma non come un Giudice severo, bensì come Padre affettuoso e pieno di amore. Allora capii che il Signore aveva fatto tutto per amor mio, che si era preso cura di me dal primo all’ultimo istante della mia vita, amandomi come se io fossi l’unica creatura esistente su questa terra. «Mi resi anche conto però che, non solo non avevo ricambiato questo immenso amor divino, ma l’avevo del tutto trascurato. Fui condannato a due/tre ore di Purgatorio. Ma come?, mi chiesi, solo due/tre ore? E poi potrò rimanere per sempre vicino a Dio eterno Amore? Feci un salto di gioia e mi sentii come un figlio prediletto».

Continua il racconto: «La visione scomparve ed io mi ritrovai in Purgatorio. Le due tre ore di Purgatorio mi erano stata date soprattutto per aver mancato al voto di povertà. Erano dolori terribili che non sapeva da dove venissero, però si provavano intensamente. I sensi che più avevano offeso Dio in questo mondo provano maggiore dolore. «Era una cosa da non credere perché laggiù nel Purgatorio, uno si sente come se avesse il corpo e conosce e riconosce gli altri come avviene nel mondo».

Ed infine: «non erano passati che pochi momenti di quelle pene e già mi sembrava che fosse un’eternità. Quello che più fa soffrire nel Purgatorio non è tanto il fuoco, pur tanto intenso, ma quel sentirsi lontani da Dio, e quel che più addolora è di aver avuto tutti i mezzi a disposizione per la salvezza e di non aver saputo approfittare. Pensai allora di andare da un confratello del mio convento per chiedergli di pregare per me che ero nel purgatorio. Quel confratello rimase meravigliato perché sentiva la mia voce, ma non vedeva la mia persona, e chiese: Dove sei? Perché non ti vedo? Io insistevo e, vedendo che non avevo altro mezzo per raggiungerlo, cercai di toccarlo; ma le mie braccia si incrociavano senza toccarsi. Solo allora mi resi conto di essere senza corpo. Mi accontentai di insistere perché pregasse molto per me e me ne andai». (Rita Sberna)

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