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Il Vescovo Giovanni Vittorio Ferro diventerà beato

Redazione (Lunedì, 23-09-2019, Gaudium Press)  L’arcivescovo mons. Giovanni Vittorio Ferro diventerà beato. Faceva parte dell’Ordine dei Chierici Regolari di Somasca, nato a Castigliole d’Asti il 13 novembre 1901, ed è morto a Reggio Calabria il 18 aprile 1992 dove ha guidato la diocesi di Reggio dal 1950 al 1977.

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Proprio lo scorso luglio, Papa Francesco durante l’udienza concessa al cardinale Angelo Becciu Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha promulgato il decreto delle virtù eroiche del presule.

Monsignor Vittorio Mondello, il 29 settembre 2011, disse riguardo alla figura di monsignor Ferro: «Dappertutto in Calabria la figura paterna di mons. Ferro, che è stato anche presidente dei vescovi calabresi, è conosciuta ed amata», aggiungendo che a Reggio Calabria è «rimasta l’orma indelebile del suo ministero, la testimonianza singolare della sua vita santa»: mons. Ferro «aveva saputo dare alla gente Dio. La gente ha bisogno di Dio, ne ha fame e sete. Mons. Ferro ha saziato questa fame e questa sete».

Monsignor Giovanni Vittorio Ferro nonostante era un uomo che proveniva dal nord, si era incarnato in maniera esemplare nella realtà calabrese, aprendo il suo cuore di pastore a tutti e aiutando i calabresi nei momenti di difficoltà come ad esempio, per l’alluvione del 1951, che portò all’abbandono di diversi comuni della diocesi.

In quell’occasione monsignor Ferro invitava tutti ad essere solidali: «Una nobile gara di fraterna solidarietà riporti la serenità e la gioia dove la distruzione e la morte hanno seminato tante rovine».

L’allora Papa Pio XII rimase colpito da quell’ appello e proprio in quei giorni monsignor Ferro, aprì la casa arcivescovile per accogliere le persone alluvionate e diede la sua croce pettorale come segno di soccorso e di aiuto.

Ma quella non fu l’unica occasione in cui il Vescovo stette vicino al popolo reggino perché monsignor Ferro aiutò la popolazione anche durante i cosiddetti «moti di Reggio Capoluogo» del 1970 cercando di pacificare gli animi agitati e proprio in quel periodo furono sollevate contro di lui delle calunnie che lui accettò nel silenzio.

Nel testo della postulazione si legge: ebbe numerosi attestati di stima, di vicinanza e di solidarietà, non solo da innumerevoli fedeli, ma anche da parte di tutte le autorità civili e militari, della stessa Segreteria di Stato, a nome del Pontefice, e alla fine anche da parte del Presidente della Repubblica italiana, Giuseppe Saragat, che – per «l’opera di pacificazione svolta in mezzo alla gente – gli inviò in dono, con i sensi della sua stima e gratitudine, un calice d’argento». Un opera di vicinanza mal vista da qualche esponente politico che ne chiede l’arresto).

Il suo corpo è seppellito presso la cattedrale di Reggio Calabria. (Rita Sberna)

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