Redazione (Mercoledì, 28-08-2019, Gaudium Press) «La vigna di Rachele» trae il nome da alcuni versetti del capitolo 31 del libro di Geremia, non si tratta che di un apostolato volto a dare un sostegno psico-spirituale per accompagnare la sofferenza di chi ha vissuto o subìto il dramma dell’aborto, volontario o terapeutico.
Viviana, una delle referenti del progetto apostolico spiega – «Così come Rachele nel passo della Scrittura piange i suoi figli senza trovare né accettare consolazione, anche tante persone non sanno perdonarsi e hanno bisogno di trovare un accompagnamento nel loro percorso di elaborazione della perdita di uno o più figli».
L’apostolato è nato negli Stati Uniti nel 1984 ed è attivo in più di 40 paesi nel mondo, è arrivato in Italia nel 2010.
La responsabile per l’Italia Monika Rodman Montanaro afferma «Offre l’opportunità di esaminare l’esperienza di aborto e di identificare il modo in cui questa perdita ha influito e influisce sul proprio vissuto aiutando a trovare un significato in ciò che è accaduto, permettendo a Dio di trasformare l’esperienza dolorosa in speranza, liberazione e pace».
In particolare, «La vigna di Rachele» organizza durante tutto l’anno dei ritiri spirituali aperti a coppie, madri, padri e familiari di bambini abortiti ma anche a personale sanitario e sacerdoti. Uno dei ritiri recenti è stato organizzato lo scorso luglio dal 12 al 14 luglio a Bologna. «Le tre giornate – dice Rodman Montanaro – sono state guidate da un sacerdote, una psicologa e da alcune donne che hanno compiuto il proprio percorso di guarigione interiore dopo l’esperienza dell’aborto». Ci sono state la condivisione delle storie personali, momenti di meditazione, la lettura delle Scritture, la celebrazione del sacramento della riconciliazione e una funzione commemorativa. Più di tutto, «i partecipanti hanno fatto esperienza dell’amore incondizionato di Dio – sottolinea Viviana -: è cominciato di venerdì, il giorno della sofferenza e della morte sulla croce e si è concluso la domenica, memoria della resurrezione».
Monika Rodman Montanaro sottolinea che «Un ambiente «sentito come protetto e compassionevole, al centro del quale viene posto il Signore, rende capaci di guardare con occhi nuovi la propria esperienza». L’incontro è progettato per facilitare «l’espressione di emozioni come la rabbia o la vergogna, strettamente collegate a questo particolare vissuto, per liberarle» in vista poi di «un percorso di recupero, di riconciliazione e di vera rinascita». In questi anni di attività gli organizzatori hanno constatato che «chi ha interrotto una o più gravidanze cerca aiuto solo diverso tempo dopo, a volte anche decenni»; ecco allora l’importanza di offrire «una dimensione compassionevole che dà la forza per rivedere l’esperienza traumatica alla luce della misericordia di Dio». Lutto e dolore «sono pietre miliari necessarie e inevitabili per la vita di ognuno ma devono essere superate – conclude Rodman Monatanaro – e alla fine del processo di guarigione interiore e di accettazione che il ritiro mira ad innescare, la rinascita apre alla speranza nel futuro, con la conquistata consapevolezza che siamo creature limitate ma che Dio ci conosce e ci ama nonostante le nostre innumerevoli debolezze e i nostri errori». (Rita Sberna)
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